Gli operatori del futuro

Gli operatori del futuro.

 di Giampaolo Lai

La giornata di studio <<Parole, magiche parole>> organizzata da Rodolfo Sabbadini e dal suo gruppo Laboratorio di psicologia e psicoterapia a Torino il sabato 24 ottobre 2003 è stata una delle più interessanti e proficue degli ultimi incontri dell’Accademia. L’idea di partenza era di studiare testi registrati di conversazioni tra ‘operatori del futuro’, cioè cartomanti e maghe, che predicono il futuro, e clienti. Rodolfo Sabbadini e il suo gruppo si sono mossi secondo il procedere abituale dell’Accademia, cioè di ragionare a partire da fatti di osservazione, come sono gli oggetti linguistici di testi registrati di conversazioni. Il metodo ha dato i suoi frutti, in questo caso particolarmente evidenti e utili. Prima di tutto sul piano della tecnica di indagine del testo immateriale attraverso gli algoritmi teoretici, dove i ricercatori hanno trovato caratteristiche specifiche del procedimento testuale degli ‘operatori del futuro’, che riassumeremo. Poi sul piano dell’indagine comparata, dove dai risultati della ricerca si sono potute individuare analogie e differenze tra le procedure degli ‘operatori del futuro’, da una parte, e, dall’altra, pazienti, clienti, e in generale interlocutori di terapie conversazionali, counselling amicale, conversazioni del quotidiano. Infine, i dati della ricerca ci hanno consentito alcune riflessioni sulla natura (forma e contenuto) dell’attesa dei clienti che si rivolgono agli ‘operatori del futuro’, e, forse, ai terapeuti. Procediamo con ordine, ricordando che il lettore interessato potrà trovare i testi presentati nella giornata, visitando il sito web.tiscali.it/Psicolaboratorio.

 

Le forme del testo degli ‘operatori del futuro’. 1) la dissoluzione dell’io. Riassumendo il più concisamente possibile, i risultati della ricerca ci dicono due cose importanti e nuove. Per quanto riguarda la forma fonica 1, FF1, cioè la distribuzione dei predicati, è stato individuato in generale un distacco per sottrazione degli io delle frasi rispetto alla medietà standard del 30%. Più precisamente, si è osservata una flessione dell’io che per lo più sconfinava nell’assenza dell’io. In altri termini, i verbi, nei testi delle cartomanti, non afferiscono all’io. Nei testi delle cartomanti si dà una dissoluzione dell’io. Come leggere questo primo risultato? Secondo Monica Matarazzo, Silvia Mattarini, Romina Peretti, che hanno presentato un documentato intervento dal titolo Gli indicatori predittivi nella consultazione, a partire dal testo trascritto di una consultazione telefonica registrata con una maga televisiva, e che si sono avvalse del contributo alla discussione di Laura Recrosio, la scarsa o assente presenza di verbi afferenti all’io documenterebbe una deresponsabilizzazione del mago che affida a strumenti esterni, come carte, pietre, o altro, il proprio responso, ponendosi come lettore di una realtà che trascende sia il mago sia la cliente. Una vicenda analoga, cioè della dissoluzione dell’io, l’avevamo trovata nell’enciclica di Papa Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor, studiata a pagina 174 e seguenti de La conversazione immateriale. Lì avevamo calcolato che, su 34 verbi, solo due, pari al 6%, afferiscono all’io, determinando quindi una flessione dell’io prossima alla sua dissoluzione. Nell’ipotesi delle connessioni tra grammatica e semantica, nel senso che l’andamento delle forme grammaticali del testo potesse avere dei ponti transuniversali con il mondo dei fatti extratestuali, avevamo detto: “Se le cose stanno così, nel caso in cui le cose stessero così, conviene, converrebbe chiedersi da chi gli io delle frasi sono stati sostituiti, da quali altri soggetti il posto del soggetto grammaticale è stato usurpato. La risposta sarà il testo a fornirla” (pag. 178). E infatti il testo, interrogato, ci aveva mostrato che l’io era stato sostituito dai seguenti oggetti, in ordine di frequenza crescente: catechismo, noi cristiani, Enciclica. Il risultato esplicito, nel contenuto della comunicazione dell’Enciclica, andava dunque nel medesimo verso delle morfologie grammaticali, nel senso che all’ascoltatore non si rivolgeva la determinatezza psicologica individuale del Parlante, che al contrario, attraverso la dissoluzione dell’io, si faceva umile porta-parola della Santa Dottrina, della Comunità ecclesiale alla quale gli interlocutori erano invitati ad assimilarsi. Sarebbe interessante se, da questa prospettiva, le ricercatrici approfondissero la domanda: “da chi gli io delle frasi sono sostituiti” in caso di dissoluzione dell’io, come anche auspicava durante la giornata di studio, Andrzej Zuczkowki. Inoltre, siccome nella Enciclica il fenomeno della dissoluzione dell’io si accompagna a un alto tasso dei predicati ai modi indefiniti, sul 38%, sarebbe interessante anche stabilire su testi successivi delle ricerche di Torino, magari in preparazione del Convegno di Venezia del 2004, se questo parallelismo si osserva, in modo da precisare i rapporti tra dissoluzione dell’io e indefinitezza del testo (che si ha appunto quando i verbi ai modi indefiniti si alzano oltre la medietà standard del 20%). Ma qui bisognerebbe anche utilizzare le ricerche che Roberto Sala, assieme al suo gruppo, sta conducendo proprio sul tema de La dissoluzione del soggetto grammaticale. E’ possibile che alla dissoluzione del soggetto, sia grammaticale, sia psicologico, contribuiscano anche le iterazioni del testo, che sono state esaminate nella relazione di Gabriella Gonella, la quale ha richiamato a questo proposito le ricerche di Rita Marcello sulle poesie di Rodari. Le iterazioni, mentre in chiave testuale sono elementi costitutivi della coesione testuale, in chiave psicologica, probabilmente, facilitano il clima di trance ipnotica che eventualmente conduce alla dipendenza da ciò che viene detto.

2. L’onomafilia e la dilatione dell’indice nomi/verbi. L’individuazione del fenomeno dell’onomafilia (da onoma = ‘nome’ e filia = ‘desiderio’), cioè dell’alto tasso di nomi (per lo più ben oltre la medietà standard del 10%, ) e del fenomeno parallelo dell’espansione dell’indice nomi/verbi, che va di molto oltre la medietà standard dello 0.50 raggiungendo anche i limiti del 2, del 2.2. Nella prospettiva dei ponti transuniversali, tra grammatica e semantica, tra il mondo del testo e il mondo extratestuale, ci potremmo chiedere se questi dati (onomafilia e espansione dell’indice di riferimento) parlino di un invito a traboccare nel mondo uscendo dal soggetto, che, svuotato, si dissolve. A questi aspetti testuali ha contribuito nella discussione Serenella Salomoni.

3. La forma logica del testo e le figure logico-modali. La forma logica dei testi presentati nella giornata è caratterizzata da un atteggiamento proposizionale delle maghe e cartomanti abbastanza diffuso, e cioè l’atteggiamento di colei che sa, che è depositaria di un sapere del quale il cliente è all’oscuro. In termini di logica-modale, abbiamo a che fare quindi con la figura logico-modale epistemica (da episteme = ‘sapere’), indicata dal simbolo K (dall’inglese Knowing), e quindi dalla formula Kp = ‘so che p’, ‘so che siccome tu sei nell’ascendente così e così troverai o non troverai questo e questo’. In altri testi, in particolare quello di Luisa Grimaldi e di Gabriella Gonella, accanto alla figura logico modale epistemica, che determina una asimmetria epistemica tra la maga e il cliente, cioè una relazione one up / one down, troviamo anche un atteggiamento proposizionale del tipo deontico (da deon = ‘dovere’), nel senso che la maga dice alla cliente che cosa deve fare, che cosa per lei a quel momento è obbligatorio fare = Op = ‘è obbligatorio che p’, ‘è obbligatorio che tu faccia così e così se vuoi ottenere questo e questo’. Inoltre, sottintesa a queste modalità logiche, e molto evidente in particolare nella relazione del mattino di Lorena Boscaro, Mario Esposito, Simona Ientile, dal titolo I Ching: alcuni criteri di analisi, appare il criterio di cui la maga, o i sacri testi, si mostrano depositari, di ciò che è il Bene e di ciò che è il Male. E’ il criterio assiologico, (da axios = ‘valore’), Gp = ‘è bene che p’, per esempio, ‘è Bene che tu cambi atteggiamento con il tuo amico’, ‘è un valore positivo cambiare atteggiamento con il tuo amico’.

4. Se le forme del testo, in particolare la asimmetria epistemica e la dissoluzione dell’io, sono indicatori delle richieste del cliente. Nella sua introduzione alla giornata di studio, Rodolfo Sabbadini faceva rilevare che negli ultimi dieci anni la frequenza di richieste di consulenza agli ‘operatori del futuro’ è aumentata del 30%. La domanda allora è la seguente: ‘Se sempre più numerose sono le richieste di consulenza per maghi e cartomanti, e se questi ‘operatori del futuro’ utilizzano modi testuali che evidentemente soddisfano i clienti, cioè saturano le loro valenze di richiesta, è possibile ipotizzare che nei testi in questioni ci siano gli indicatori delle richieste dei clienti. E se gli indicatori più frequenti sono la asimmetria epistemica e la dissoluzione dell’io, non è ragionevole pensare che proprio queste due situazioni siano richieste nel mondo attuale, cioè la possibilità di affidare sia il sapere su come stanno le cose, sia su che cosa fare, a altri, nemmeno più individui psicologici, ma a entità che trascendono sia il cliente sia il mago?’ Ci sono certo analogie e differenze tra le consultazioni di un cliente con un’astrologa e con un terapeuta e counsellor conversazionale. Le analogie sono che in entrambe le situazioni si usano le parole; a entrambe le situazioni i clienti si rivolgono nell’atteggiamento di richiedere qualcosa; in entrambe le situazioni sia i consulenti del futuro sia i terapeuti e counsellor cercano di dare una risposta ragionevole, ciascuno dal loro punto di vista, per il Bene del paziente o del cliente. Le differenze si situano proprio nei modi in cui si strutturano i campi relazionali attraverso i quali si crede di fornire aiuto agli altri. L’algoritmo conversazionale cerca di ridurre al massimo la asimmetria sia epistemica (‘sono io terapeuta quello che sa’) sia deontica (‘sono io terapeuta o counsellor quello che ti dice che cosa fare’), proprio attraverso una serie di regole che Serenella Salomoni ha richiamato. Fra queste, in primo piano è il precetto di non fare domande. In assonanza con questo precetto, Andrzej ha ripetuto il suo slogan: ‘chi domanda comanda’.

5. Le intersezioni delle tecniche. Si potrebbe anche dire che nell’algoritmo pratico della sua tecnica, quanto alla dissoluzione del soggetto grammaticale, il conversazionalismo si muove un po’ sulla medesima strada della pratica psicoanalitica e della pratica degli operatori del futuro, in quanto come nelle due pratiche in questione, vede dissolversi il proprio io grammaticale, e tuttavia un po’ se ne discosta, quando percorre la strada della somministrazione di autobiografia, dove il soggetto grammaticale viene decisamente recuperato.

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