Ritorno a scuola

Ritorno a scuola

di Rodolfo Sabbadini (relazione presentata il 27 Giugno 2005 all'Accademia delle Tecniche Conversazionali)

 

Introduzione

Al termine di un colloquio, per esempio, di psicoterapia o di counselling, può capitare che ci sentiamo felici. Insomma, magari solo un po’ meno infelici di prima, di quando il nostro cliente, il nostro paziente è arrivato nello studio. La consapevolezza di questo stato “nuovo”, molte volte, ci porta a dire che: “il colloquio è andato bene”. Bene per chi? Bene per cosa, cioè in vista di quale obiettivo? E soprattutto, è andato bene perché?

 

Al termine del colloquio che presento, per l’appunto, mi sentivo felice. Oddio visto che il periodo, per me, non era dei più brillanti, diciamo che mi sentivo abbastanza felice, quantomeno piuttosto soddisfatto; e, in quei giorni, era già molto. Quindi, da un certo punto di vista - il mio - quel colloquio era andato certamente bene, ‘certamente’ perché ero io a confermarlo, e con una certa convinzione.

Fatte queste considerazioni, tuttavia, ho pensato che fosse utile spingere un po’ più in là l’indagine sull’andamento della conversazione, in un ambito che non fosse esclusivamente quello mio personale, ma che comprendesse, per esempio, anche la cliente che – dopo tutto - aveva contribuito all’evento almeno per il 50%.

 

La felicità psicologica

Uno dei motivi per i quali uno psicologo, uno psicoterapeuta può sentirsi felice al termine di un colloquio è credere di essere stato bravo. Credere – a torto o a ragione – di aver lavorato bene. E’ una soddisfazione legittima, senz’altro, che ha a che fare con la conferma della propria competenza professionale. Potrebbe essere questa la ragione della mia soddisfazione? Potrebbe.

Andando a rileggere il colloquio – registrato e trascritto secondo i canoni conversazionali -, mi sembra di poter rilevare due-tre interventi di un qualche rilievo sul piano della tecnica.

Per esempio, ho formulato due confronti, come li definisce E.Berne, il caposcuola dell’Analisi Transazionale, o confrontazioni come li definiscono altri.

Uno al secondo turno verbale

 

Cliente (al termine del 2° turno verbale)

……..Con grosso stress, grossa stanchezza, perché a questo punto proprio non…. non sopporto più, a livello personale, tutti questi….. cioè (ridacchiando) tutte queste negatività che si sono…

Counsellor

Che sono due, fino ad adesso, sostanzialmente. Ne ha dette due.

 

E un altro al quinto turno verbale

 

4 Counsellor

Però la decisione l’ha già presa.

5 Cliente

Sì.

5 Counsellor

Sta dicendo no con la testa.

 

Ne primo caso evidenzio che “tutte queste negatività” sono solo due; nel secondo evidenzio l’incongruenza del linguaggio verbale con quello non verbale.

Un altro paio di interventi possono essere letti come “permessi” – così detti in AT – a pensare e/o a prendere una decisione.

 

15 Cliente

Sì, no, sto cercando le energie per… per cose di questo genere. Già magari dall’anno prossimo.

15 Counsellor

Senta, lei le risposte se l’è date tutte. Vuole che andiamo avanti con un lavoro o preferisce fermarsi qui?

 

17 Counsellor

Vuole che cominciamo a parlarne adesso?

18 Cliente

Per adesso mi basta così.

 

Nel primo caso evidenzio la sua capacità di decidere, nel secondo confermo la mia fiducia nella sua capacità, dandola per scontata.

Si tratta di operazioni abbastanza corrette, a prima vista.

In un momento successivo a quello degli interventi evidenziati, la cliente – se non altro – ha preso una decisione. Quella di non proseguire ulteriormente nel lavoro.

Perché, dunque, la cliente decide di non proseguire?

Sono riuscito ad accompagnarla ad una decisione per lei utile e, magari, risolutiva?

Il decidere di non continuare, essendo comunque una decisione, può ritenersi – almeno per me – un successo?

Oppure, piuttosto, infastidita dalle mie domande (tre su tre turni verbali di seguito, al termine della conversazione), la mia cliente adotta il sistema più semplice per togliermi di torno, al “prezzo” di prendere una decisione?

Quest’ultima ipotesi mi fa riflettere un po’. Tecnicamente potrei considerarla, comunque, un successo. Ad essere onesto, tuttavia, devo ammettere che si tratterebbe di un effetto non cercato che, in più, non mi renderebbe per niente felice.

Insomma, da questa prima analisi della conversazione, non mi sembra che si rilevino elementi significativi per giustificare, in fine, una soddisfazione degna di nota per il counsellor, e cioè per me.

 

La felicità conversazionale

Decido, dunque, di spostare l’indagine su altri eventi che possono stare all’origine della mia felicità conversazionale o, più precisamente post-conversazionale, perché – mentre ero lì che parlavo – tutto intento a far le cose per bene, non avevo il tempo di essere felice, o meglio di rendermi conto della mia felicità.

Allora, provo a ipotizzare che il mio stato di benessere derivi, non tanto dai contenuti del colloquio appena concluso, intesi come narrazione della mia cliente, rinforzata, confrontata, indirizzata da alcuni miei interventi, quanto piuttosto dalla “musica” della conversazione. Dove per musica intendo uno scambio di parole che rispondono, oppure no, a certe regole, indipendentemente dal loro significato; indipendentemente dal loro riferimento. Come quando ascoltiamo una canzone nuova, e pur non comprendendo – per qualche motivo – le parole, nonostante ciò, siamo portati a dire: “questa canzone ‘sembra’ proprio bella”.

Sembra, perché ci sembra che quelle parole si trovino piuttosto a loro agio tra le braccia di quella musica; sebbene non sappiamo esattamente dire il perché.

La mia ipotesi, dunque, si basa sulla possibilità che la conversazione in questione sia conforme – se non del tutto – almeno in buona parte, alle regole che il Conversazionalismo stabilisce per la costruzione di una conversazione felice.

Vediamo un po’.

Mi sembra che, almeno per tre quarti, diciamo fino all’11mo turno verbale, i miei interventi siano stati sufficientemente adatti a far parlare il cliente il più a lungo possibile e il meno infelicemente possibile. A occhio e croce, infatti, vediamo che nei primi quattro turni il cliente ha parlato circa per “43 righe” contro “2 righe” del counsellor, dal quinto al undicesimo turno ha parlato circa per “23 righe” contro “13 righe” del counsellor, e solo alla fine della seduta, la durata dei turni verbali va ad equipararsi, anzi, addirittura, il counsellor parla un pochino di più del suo cliente.

Rispetto alla regola di non fare domande, sono riuscito ad osservarla per 13 turni verbali su diciotto. Per un “domandista” come me, può considerarsi già un discreto risultato. Tanto più che le domande vanno ad accatastarsi al termine della conversazione quando, in un rapporto di counsellig, il professionista ha spesso la fretta di restituire “qualcosa” al suo cliente che – magari – si è rivolto a lui per affrontare uno specifico problema e non ha in programma di proseguire il discorso in un’altra seduta.

Dei diciotto interventi del counsellor, sono tre, al massimo, quelli che potrebbero essere riconosciuti come interruzioni del cliente: il primo al secondo turno verbale – quello della confrontazione sul “numero” delle negatività, il secondo all’ottavo turno verbale:

 

………Questo comporterebbe, però, dover fare la scuola, dover riattivare, dover fare. Però se mi penso fra dieci anni, probabilmente mi ripenso …

8 Counsellor

Be’ è un’ipotesi affascinante!

 

il terzo al quattordicesimo turno verbale

 

14 Cliente

No (ride), allora è possibile che

14 Counsellor

Dipende da come la vive. Per esempio la mia situazione è che, pur lavorando tanto durante la settimana, se nel week end faccio cose che mi piacciono, anche di tipo teorico, impegnativo, il lunedì sono più rilassato.

 

Mi sembra dunque che, anche con riferimento alla regola di non interrompere, la conversazione possa ritenersi, tutto sommato, rispondente ai principi del Conversazionalismo.

Percorso netto, poi, quanto a completamento delle frasi sospese e ad interpretazioni: non se ne rilevano nel testo

Un buon intervento di somministrazione di autobiografia, che rende il testo sufficientemente rispondente al disposto dell’ottava regola per una buona conversazione professionale, mi sembra possa essere considerato lo stesso mio 14mo turno verbale, che abbiamo già connotato negativamente in quanto produttore di un’interruzione del discorso del cliente. Cosa prevarrà, dunque, la nota negativa di elemento che contribuisce all’ infelicità conversazionale, o quella positiva che lo considera un contributo al miglioramento della conversazione immateriale. Insomma: ho fatto bene oppure ho fatto male a dire quel che ho detto? Non lo sapremo mai, perché il nostro oggetto di lavoro restano le parole che sono state e non quelle che avrebbero potuto essere.

 

14 Cliente

No (ride), allora è possibile che

14 Counsellor

Dipende da come la vive. Per esempio la mia situazione è che, pur lavorando tanto durante la settimana, se nel week end faccio cose che mi piacciono, anche di tipo teorico, impegnativo, il lunedì sono più rilassato. Ancora più dello starmene a riposare a casa senza far niente. Quindi è una cosa soggettiva, bisogna vedere come lei vive questa… se lei vive comunque l’impegno scolastico come una fatica, probabilmente è davvero un carico ulteriore. Diversamente, potrebbe essere proprio un modo di accompagnarsi ad una nuova professione.

 

Una particolare attenzione è opportuno riservarla alle figure logico-modali del testo.

 

Le modalità logico narrative

Al termine della lettura sembra che risultino predominanti le modalità logico narrative assiologia e quella aletica.

Proviamo a fare un inventario di motivi narrativi, nei primi due turni verbali della cliente :

-          è un periodo di fallimenti

-          c’è un ammanco nei finanziamenti

-          il mio direttore blocca le attività che avevo in essere

-          subito dopo arriva un altro problema

-          la mia collega avrebbe provocato una serie di problemi

-          non mi ha particolarmente in simpatia

-          la frecciate sono arrivate

-          il gruppo si è schierato contro

-          il mio direttore è molto duro con me

-          ho un grosso stress, una grossa stanchezza

-          non sopporto più tutte queste negatività

-          faccio errori per stanchezza

-          non ho energia

-          mi dispiace

In questa prima fase la logica aletica che si riconosce nel dilemma del “Necessario/Impossibile cambiare lavoro” (la cliente dice con enfasi ‘devo cambiare’) resta sullo sfondo, sovrastata dall’immanenza del Male. Lo stesso counsellor risponde alle istanze aletiche con una logica assiologia che evidenzia la difficoltà (“riprende tutto da zero” “rimettersi in discussione a livello personale”) del cambiamento.

In questa prima fase, dunque, sembrerebbe che il counsellor utilizzi la logica assiologia nella forma del Male per favorire il consolidamento di un dilemma di logica aletica, che per il cliente sarebbe senza uscita, nella sua esigenza immediata di gratificazioni e di abbassamento del livello di stress.

Forse per il fatto che il dilemma ha raggiunto uno stato senza via d’uscita, forse per questo, o forse per qualcosa d’altro che è successo, la cliente salta fuori dal dilemma e dall’ottavo turno verbale in poi qualcosa cambia, e si affaccia la logica aletica in una prospettiva nuova, del Possibile, segnata dai seguenti motivi narrativi:

-          poi sempre più viene fuori un altro progetto

-          fare la psicologa clinica

-          se mi penso fra dieci anni…

-          rimarrei lì (in azienda per poter fare la scuola di psicoterapia)

Quasi subito, però, la cliente sembra essere risucchiata dal buco nero di un nuovo dilemma aletico: “è necessario per me frequentare la scuola / è impossibile per me frequentare la scuola”

Il counsellor interviene subito a sostegno della nuova apertura al possibile da parte della cliente, utilizzando figure logico modali aletiche del Possibile:

 

8 Counsellor

Be’ è un’ipotesi affascinante!

 

10 Counsellor

Però è un percorso di formazione che, in qualche modo, può rappresentare – mi sembra – una compensazione per la noia e lo stress del lavoro in azienda. Cioè fare il percorso clinico è, non solo un impegno, secondo me, ma anche un’occasione di scoprire mondi nuovi, di essere, in qualche modo, intrigati da nuove prospettive. E nel momento in cui lei ha come prospettiva e l’interesse di fare la psicologa clinica, mi sembra che questo sia un percorso non solo pesante ma anche affascinante.

 

In seconda battuta, attacca la spirale perversa del dilemma aletico, e in particolare il corno dell’Impossibile, con un approccio logico-modale aletico del Possibile, che ricorre ad un intervento di somministrazione di autobiografia, che sembra favorire l’uscita della cliente dal dilemma:

 

12 Counsellor

Lavora anche il sabato li?

13 Cliente

No

13 Counsellor

Sa che normalmente la formazione, nelle scuole di psicoterapia, si fa sempre nei week end?!

14 Cliente

No (ride), allora è possibile che

14 Counsellor

Dipende da come la vive. Per esempio la mia situazione è che, pur lavorando tanto durante la settimana, se nel week end faccio cose che mi piacciono, anche di tipo teorico, impegnativo, il lunedì sono più rilassato. Ancora più dello starmene a riposare a casa senza far niente. Quindi è una cosa soggettiva, bisogna vedere come lei vive questa… se lei vive comunque l’impegno scolastico come una fatica, probabilmente è davvero un carico ulteriore. Diversamente, potrebbe essere proprio un modo di accompagnarsi ad una nuova professione.

 

Forse sono riuscito a trovare una risposta alla mia domanda iniziale. Se nella prospettiva dell’analisi conversazionale ho fatto davvero quello che avremmo verificato nel nostro percorso di studio del testo, in quel caso – forse sì – la mia soddisfazione, al termine del colloquio, potrebbe avere ragionevole fondamento.

 

Le forme foniche

Un ultimo accertamento sull’andamento della conversazione che abbiamo esaminato riguarda le forme foniche del testo. In particolare ho sottoposto a verifica la loro variazione tra il primo turno verbale della cliente e gli ultimi suoi turni verbali; quelli compresi tra il nono turno verbale (quello immediatamente successivo al mio intervento di sostegno alla scelta di dedicarsi alla psicologia clinica) e l’ultimo. Ecco i risultati.

 

numero predicati

medietà

standard

primo turno

n. 42

 

turni 9-18

n. 40

 

tra la

prima e la

seconda

rilevazione

presenti

45%

17

40%

15

38%

- 2%

aff. all’Io

30%

9

21%

15

38%

+17%

indefiniti.

20%

12

29%

14

35%

+ 6%

finzionali

10%

3

7%

3

8%

+ 1%

passati

15%

12

29%

9

23%

- 6%

indice di

riferimento

 

1,3

 

0,75

 

 

 

La verifica delle forme foniche ci segnala tre eventi che possono essere assunti come risultato positivo: l’incremento dei predicati afferenti all’Io, la diminuzione dei passati e l’abbassamento dell’indice di riferimento. E un risultato di dubbia natura: l’incremento degli infiniti.

Mi sembra che l’incremento degli afferenti all’Io segnali una possibile, maggiore, assunzione di responsabilità decisionale e determinazione della cliente, mentre l’abbassamento dell’I.R., che – in tal modo – si avvicina alla medierà standard del 0,5, potrebbe indicare una tendenza a un ‘librarsi’ oltre gli opprimenti nomi del Male (stress, fallimenti, ammanco, problemi, frecciate, stanchezza) nei quali la cliente sembrava intrappolata; la riduzione dei passati potrebbe essere parimenti indice di uno sganciamento da una situazione passata. Per quanto riguarda l’incremento degli indefiniti, possiamo leggerlo negativamente se lo consideriamo come un evento che compensa l’incremento degli Io, nella direzione di una fuga dalla presa di decisione, oppure positivamente se lo leggiamo come rinforzo al tentativo di sganciarsi dal contingente nella direzione del possibile. Questa, seconda, possibile lettura sarebbe rinforzata dal contemporaneo incremento degli afferenti all’Io mentre, di norma, come noto, l’incremento degli Io dovrebbe essere accompagnato da una diminuzione degli indefiniti, e viceversa.

Ritorno a scuola (il testo)

Cl = cliente

Co = counselor

 

 

1 Cliente

E’ di nuovo un periodo che, dal punto di vista lavorativo si stanno sommando, a ripetizione, una serie di …. penso di… viverle ormai come una sorta di … uso un termine un po’ forte “fallimenti”, anche se poi, analizzandoli oggettivamente, mi rendo conto che non è… in gran parte non è dovuto alle mie prestazioni, alle mie scelte, ma a una serie di eventi che stanno nel fatto che da aprile un collaboratore a cui ho affidato, a tutti gli effetti, la responsabilità di gestire una fase di lavoro del rendiconto di un progetto… scopro che c’è un ammanco dal punto di vista della possibilità di coprire a rendiconto una cifra ingente. Al che, informato il mio direttore, blocca l’attività che avevo in essere per gestire quell’impegno lì… questo è il primo, il primo elemento. Subito dopo arriva, arriva un altro problema che io avevo anticipato a febbraio dicendo che una nostra ex collega, che adesso lavora in un’altra azienda, avrebbe creato tutta una serie di problemi su un progetto che sta partendo dove le aziende fanno le sponsor. E per vari motivi… perché questa persona è molto particolare, non mi ha particolarmente in simpatia, quindi sapendo che io avrei fatto il coordinatore, immaginavo delle frecciate, le frecciate che poi sono arrivate ultimamente. Non si è fermata neanche a quello che può essere un piano strettamente personale, nel senso che ha attivato tutta una serie di meccanismi che hanno fatto sì che tutto il gruppo si schierasse contro questo tipo di attività, facendo proprio una sorta di autogol al progetto in corso, di cui loro erano partner

1 Counsellor

Ah, quindi erano coinvolti anche loro.

2 Cliente

Esatto. Ehhh….., nonostante il mio direttore faccia quello che deve fare, cioè da una parte è molto duro nel dirmi che le cose non vanno bene e vanno risolte, dall’altra dice anche “comprendo che…” – comprendo, insomma… - “è vero che questa persona ha queste caratteristiche, la conosciamo” (aveva lavorato da noi, quindi la conoscono in tutti i suoi momenti up e down, io credo che sia davvero un pochino….. prenda qualcosa, perché veramente te la trovi con degli atteggiamenti completamente…non, non coerenti da un momento all’altro). Però, detto questo, tutta una serie di cose ormai… mi mettono in condizioni di…. Cioè, addirittura, a pensare di mollare tutto dall’oggi al domani. (sottovoce) Con grosso stress, grossa stanchezza, perché a questo punto proprio non…. non sopporto più, a livello personale, tutti questi….. cioè (ridacchiando) tutte queste negatività che si sono…

2 Counsellor

Che sono due, fino ad adesso, sostanzialmente. Ne ha dette due.

3 Cliente

Si, grosse, però! Perché hanno poi bloccato la restante parte di attività che sto cercando di…., cioè poi mi rendo conto che sulle altre cose che ormai, pur importanti, ma che gestisco marginalmente per dar priorità a questi aspetti da marzo… da aprile a maggio, il resto lo gestisco male, cioè magari faccio degli errori, con degli errori banali, anche nel gestire le relazioni… ma proprio per stanchezza, molta voglia di…di stare attenta a delle sfumature che in questi meccanismi di relazione ci devono stare. La scorsa settimana stavo per arrivare (ridacchia) addirittura ai ferri corti con … con uno dell’Università… mi rendo conto che faccio molti errori….

3 Counsellor

... per la tensione

4 Cliente

… per la tensione! …………………No, in realtà io ho già abbastanza…. cioè la decisione è presa. Io ….. DEVO cambiare, e mi rendo conto che arrivo poi la sera talmente stanca a casa, che non ho più neanche l’energia, la forza di dire “adesso rincomincio un percorso di … “. Bisogna cercare, nessuno ti va a cercare! Avere il tempo di cercare, il tempo di… riattivarsi… per andare da un’altra parte. Penso ancora di avere le competenze per trovare assolutamente qualcosa di ugualmente interessante dal punto di vista dell’impegno. Però ci vorrà tempo. Tempo solare e tempo quotidiano da dedicarci.

4 Counsellor

Però la decisione l’ha già presa.

5 Cliente

Sì.

5 Counsellor

Sta dicendo no con la testa.

6 Cliente

Ehhhhh, perché mi dispiace! Io in quell’azienda ci credo. Vedo sempre qualche cosa che potrà arrivare, che non c’è oggi….. Però oggettivamente son passati diversi anni. Le cose son cambiate, senz’altro, in meglio… però molto lento…

6 Counsellor

Non mi sembra tanto in pace con questa decisione di cambiare… non mi sembra una decisione così definitiva.

7 Cliente

Eh! Perché c’era un’altra…. (sorride) ….. non ho…. non avrei voglia di rinve…. allora cambiare significa trovare le energie, reinvestire, conoscere il nuovo, impegnarsi, no? In realtà non ho proprio…. tutta questa voglia di conosce… cioè di riattivarmi in un contesto che diventerebbe sostanzialmente nuovo, (con voce via via più bassa) al di là che… che poi le, le cose possono essere operativamente le stesse, però in un’altra azienda, un altro, un altro contesto che porta a doversi, a doversi spendere, in termini di conoscenze…

7 Counsellor

Certamente mette, mette da parte un bagaglio di professionalità che si è costruita nel tempo. Comunque, dove lavora adesso è conosciuta, ha delle relazioni. Nel momento in cui affronta una nuova realtà riprende tutto da zero. Il che comporta non solo, non solo nuove energie, ma anche l’accettare di rimettersi in discussione a livello personale.

8 Cliente

E’ questo che mi frena un po’. (con voce sorprendentemente alta e nitida) Poi sempre più viene fuori un altro progetto, che avevo rifiutato… cioè rifiutato, che non avevo contemplato all’inizio, cinque anni fa. Che è quello di fare la psicologa clinica. Questo comporterebbe, però, dover fare la scuola, dover riattivare, dover fare. Però se mi penso fra dieci anni, probabilmente mi ripenso …

8 Counsellor

Be’ è un’ipotesi affascinante!

9 Cliente

Sì, dieci anni fa non l’ho scelta perché non mi sentivo assolutamente pronta, anche se poi l’ho fatta, l’ho fatta in una forma diversa, in un contesto diverso. Ho lavorato tre anni in ambito clinico.

9 Counsellor

In ambito clinico.

10 Cliente

Però sempre legata ad una parte che non era la clinica. Era legata alla psicologia della salute, per cui comunque c’era un contesto particolare. (ridendo) Questo significa, però, farsi altri quattro anni almeno di percorso di crescita e quant’altro.

10 Counsellor

Però è un percorso di formazione che, in qualche modo, può rappresentare – mi sembra – una compensazione per la noia e lo stress del lavoro in azienda. Cioè fare il percorso clinico è, non solo un impegno, secondo me, ma anche un’occasione di scoprire mondi nuovi, di essere, in qualche modo, intrigati da nuove prospettive. E nel momento in cui lei ha come prospettiva e l’interesse di fare la psicologa clinica, mi sembra che questa sia un percorso non solo pesante ma anche affascinante.

11 Cliente

Sì, si, se dovessi scegliere se… cioè piuttosto rimarrei lì, per poter affrontare questo. Però è difficile perché ti assorbe tutte le energie. E’ difficile trovare gli spazi. Comunque io non riesco a gestire gli spazi là dentro.

11 Counsellor

Cosa vuol dire gestire gli spazi?

12 Cliente

Gestire gli spazi di tempo, cioè questa settimana tutti i miei collaboratori vanno in ferie, perché non potevo impedirgli di non andarci. Quindi io, non solo recupero quello dove loro non ci sono, non mi faccio il ponte…. già sono alla frutta dal punto di vista della stanchezza

12 Counsellor

Lavora anche il sabato li?

13 Cliente

No

13 Counsellor

Sa che normalmente la formazione, nelle scuole di psicoterapia, si fa sempre nei week end?!

14 Cliente

No (ride), allora è possibile che

14 Counsellor

Dipende da come la vive. Per esempio la mia situazione è che, pur lavorando tanto durante la settimana, se nel week end faccio cose che mi piacciono, anche di tipo teorico, impegnativo, il lunedì sono più rilassato. Ancora più dello starmene a riposare a casa senza far niente. Quindi è una cosa soggettiva, bisogna vedere come lei vive questa… se lei vive comunque l’impegno scolastico come una fatica, probabilmente è davvero un carico ulteriore. Diversamente, potrebbe essere proprio un modo di accompagnarsi ad una nuova professione.

15 Cliente

Sì, no, sto cercando le energie per… per cose di questo genere. Già magari dall’anno prossimo.

15 Counsellor

Senta, lei le risposte se l’è date tutte. Vuole che andiamo avanti con un lavoro o preferisce fermarsi qui?

………………………………………………………………. (circa 10 secondi di silenzio)

16 Cliente

Mah, direi che… adesso devo capire “come” fare.

16 Counsellor

Come fare?

17 Cliente

Come fare per attivare tutti questi piani!

17 Counsellor

Vuole che cominciamo a parlarne adesso?

18 Cliente

Per adesso mi basta così.